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Architettura della collettività

Verso che cosa, oggi, si sta spingendo l’Architettura?

Forse è una domanda che dovremmo porci più spesso, data l’affinità della questione al nostro vivere quotidiano.

Proprio in occasione dell’ultima Biennale di Architettura di Venezia sono stati rivalutati temi importanti, quasi dimenticati, oserei dire, nell’intento di dare una risposta a quell’interrogativo che il progresso sta attualmente ponendo all’architettura. Sono, in particolare, prevalsi una maggiore sensibilità verso la questione sociale e un’ attenzione all’individuo nella sua complessità e nel suo essere parte di una collettività.

Come è facile intuire, architettura è spazio. E, fin qui, nulla di nuovo.Tuttavia, il concetto di spazio non deve essere inteso nel semplice significato del termine, ma va approfondito nel suo essere evocazione, espressione umana, condivisione, e, prima di tutto, punto di incontro ed espressione di risorse locali.

Questi sono i temi dai quali, secondo lo studio TAMassociati, protagonista del padiglione italiano alla Biennale veneziana, occorre in astratto partire, al fine di soddisfare l’esigenza di riappropriazione dei luoghi abbandonati. Per giungere ad una concreta realizzazione è necessario seguire un percorso di intervento architettonico improntato a tre concetti di azione: “Pensare, Incontrare, Agire”, nella prospettiva di dar voce ad un’ architettura partecipata e intelligente.

Sul punto, il team di TAMassociati ha, infatti, precisato di avere voluto «realizzare nella cornice della Biennale una prova tangibile di come l’architettura, con il suo specifico sapere, possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità. In qualsiasi luogo e a qualsiasi scala. Con tali principi l’architettura di questo millennio si dovrà sempre più confrontare, per dare una risposta alle sfide che la città e l’ambiente presenteranno non solo agli architetti, ma a tutti i più responsabili “progettisti” del prossimo futuro».

Dunque, per dare attuazione a tale obiettivo ci si rivolge, in particolare, a quelle parti di città spesso ignorate, le periferie, in merito alle quali si cerca di trovare un modo per coinvolgere il cittadino alla partecipazione creativa, in virtù di una sempre migliore convivenza. Più precisamente, si desidera instaurare un vero e proprio dialogo tra architettura e associazione, dando luogo a spazi pensati e fortemente voluti, frutto di una riflessione teorica basata sul “Progettare per il bene comune”. Si sceglie la rigenerazione degli spazi urbani, per rivalutare la loro l’utilità e, di conseguenza, la qualità di vita delle persone, senza tralasciare una forte sensibilizzazione ambientale.

Un esempio architettonico nell’ ambito della riattivazione di quartiere, citato all’ esposizione veneziana, è l’ Opificio Golinelli, precedente struttura industriale situata nell’area periferica di Bologna. I progettisti di Diverserghestudio hanno scelto di procedere al recupero e all’intervento sull’edificio preesistente, sfruttandone le potenzialità illuminotecniche e strutturali, dando luogo a uno spazio moderno e duttile, di elevato comfort acustico e termico.

Hanno cercato di dare all’architettura un ruolo comunicativo sia rispetto alla realtà esterna, relazionandola con la città sotto il profilo delle caratteristiche estetiche e paesaggistiche, in virtù di un c.d. esterno locale, sia in relazione alla sua dimensione interna, rendendola espressione di principi di avanguardia, propri di una città del futuro che si affacciata sul mondo, e dunque favorendo un c.d. interno globale.

Si trasmette l’idea di cittadinanza tramite uno spazio volutamente costruito come metafora della città, dove l’articolazione di volumi leggeri e trasparenti rimanda al tessuto urbano. L’edificio risulta, oggi, un esempio di forte slancio per l’anonimato del luogo in cui esso è inserito, attraendo persone da ogni parte e dando loro la possibilità di incontrarsi e dialogare, apprendere e condividere.

Legato ai medesimi concetti di recupero e riattivazione, questa volta a più piccola scala, è senz’altro l’attività svolta da InStabile Portazza, Community Creative Hub, composta da un volenteroso gruppo di giovani architetti che ha deciso di riappropriarsi di uno spazio abbandonato situato nella periferia sud – est della città bolognese.

Si tratta di un ex-centro civico sorto negli anni ’50-’60 sotto il programma INA-Casa, (edilizia economica popolare) e attualmente di proprietà dell’ACER (Azienda Casa Emilia Romagna). E’ un’attività nata grazie al dialogo con l’amministrazione comunale, il quartiere Savena e la proprietaria dell’immobile, e in seguito avviata grazie a un sostegno economico ottenuto dalla vincita di un bando.

Ci si è rimboccati le maniche per ridare vita alla struttura e, ancora oggi, ci si adopera affinché tale progetto venga portato a termine. Lo scopo è di “creare cultura, lavoro e welfare”, o, più semplicemente, uno spazio comune di ritrovo per gli abitanti del luogo. Lo si fa attraverso il metodo dell’auto-costruzione, permettendo la partecipazione a chiunque voglia offrire il proprio contributo.

Io stessa ho avuto occasione di prendere parte a questa iniziativa per qualche giorno, ed è stato interessante scoprire quanto queste attività siano utili a rendere più forte quel legame di collettività spesso perduta e a far maturare nel cittadino una maggiore sensibilità verso i propri luoghi.

Tanti altri esempi sarebbero da citare, che spaziano dalla struttura architettonica più moderna e complessa a semplici attività di cantiere, tutti accomunati dallo scopo di agire per il bene comune.

Oggi, si cerca di riflettere sempre più su queste tematiche al fine di individuare punti di incontro, ponendo alla base di tutto il coinvolgimento e la collaborazione, a mio avviso, fondamentali per far nascere qualcosa di bello e di utile.

Si tratta di un’opportunità, se vogliamo, per dare voce ai cittadini e per concretizzare le loro necessità.

“Pensare, Incontrare, Agire”.

E tu vuoi farne parte?

 

 

*#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere.

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