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Al di là del Cyberbullismo

Tutto nasce da una notizia pubblicata, lo scorso maggio, sulla gazzetta russa: 130 suicidi di bambini russi tra il novembre 2015 e l’aprile 2016. Quasi tutti questi bambini appartenevano allo stesso gruppo del Facebook russo “VKontakte”. L’inchiesta infiamma il Paese e altri denominatori comuni emergono, come l’hashtag in lingua russa “blu whale”. Da qui partono le inchieste e si inizia ad osservare che ci sono altri casi di ragazzi che si suicidano dopo aver postato foto su Facebook contraddistinte dal  marchio della balena blue.  Si inizia con la morte di Rina Palenkova, una teenager russa che si toglie la vita dopo aver postato una sua foto su VKontakte. Lo scatto diventa un simbolo. Sui social comincia a circolare la voce che la ragazza facesse parte di una setta votata all’autodistruzione. Anche altre due ragazze, Veronika e Yulia, rispettivamente di 16 e 15 anni, che si sono gettate da un grattacielo di Ust-Ilimsk, vengono collegate dal Daily Mail al Blue Whale. A queste storie c’è da aggiungere l’arresto alla fine dell’anno scorso di Philipp Budeikin, un ragazzo di 21 anni accusato di aver creato tra il 2013 e il 2016 otto gruppi su VKontakte inneggianti al suicidio. Il giovane, dichiarato sano di mente, è accusato di aver provocato la morte di 15 adolescenti. Ma secondo Lenta.ru, tra i siti russi di news più seguiti, Budeikin più che un serial killer potrebbe essere uno speculatore senza scrupoli. «Filip Lis (questo il suo soprannome sul web, ndr) voleva solo sfruttare la storia di Rina Palenkova per aumentare il numero degli iscritti alla sua pagina e accrescere i profitti derivanti dalla pubblicità. Vendeva online – ha raccontato al giornalista l’amministratore della pagina ‘Mare di balene’ – le foto della ragazza e la sua corrispondenza proprio per accrescere la popolarità del suo gruppo». Il percorso diabolico di 50 tappe, ha fatto delle vittime anche in Italia le prime a Pescara ed Emilia Romagna. Tuttavia pur essendo importante fare informazione su questi fenomeni è altrettanto importante parlarne con la massima cautela e professionalità, proprio per non aumentare la curiosità dei teenager e indurli indirettamente a fare esperienze pericolose. In questi giorni l’Amministrazione Comunale di Arezzo insieme al Panathlon hanno mostrato la loro attenzione e interesse nel creare delle azioni concrete per far diminuire i fenomeni di violenza tra i giovani, in primis cercando di limitare i danni del Cyberbullismo. Il minimo comune denominatore di questi fenomeni pericolosi che sconfinano in reati penalmente perseguibili, è quella di fare arrivare i nostri adolescenti a fenomeni di depressione e omertà, cioè non dichiarare quello che sta accadendo a genitori e amici che non fanno parte di questi gruppi on social. Dopo svariati anni di incontri fatti nelle scuole e conferenze che porto avanti grazie alle forze dell’ordine e alla amministrazione dei vari Comuni ad oggi possiamo dire che si stanno costituendo reti di protezione per i nostri ragazzi. Un’altra importante collaborazione è quella del Miur. Se vogliamo, possiamo finalmente mettere in atto azioni importanti di tutela e di responsabilizzazione di fronte questi fatti. Ciò non toglie che l’elemento più importante rimane la capacità di osservazione – di ascolto e di comunicazione che i genitori devono attuare verso i propri figli. I precursori sono i primi segnali che i ragazzi possono manifestare e ci devono far drizzare le orecchie. Esistono molti ragazzi che vivono in contesti di evidente solitudine e quindi il consiglio da dare ai genitori è di stare attenti, perché i segnali di allarme ci sono sempre e il più emblematico è il ritiro sociale. La maggior parte di queste persone non hanno amicizie e vivono un vuoto di relazione con i propri pari. Non svolgono attività sociali e vivono sulla rete. Non ci vuole molto a capire che il proprio figlio non svolge una sana vita di relazione.  Nessuna forma di disagio neppure quella più lieve dovrebbe essere trascurata. Iniziamo a promuovere una cultura empatica e dell’ascolto a discapito di una cultura dell’odio basata sull’indifferenza e sull’egoismo.

 

*#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere.

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