teletruria

Intervista ad Angelo D’Orsi: Gramsci, una nuova biografia

Angelo d’Orsi è stato allievo di Norberto Bobbio, è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. Svolge anche le attività di commentatore giornalistico e di organizzatore culturale. È membro dell’Edizione Nazionale degli scritti di Antonio Labriola e di quella di Antonio Gramsci. Ha ideato e dirige (dal 2005) “FestivalStoria”, e le riviste “Historia Magistra. Rivista di storia critica”  e “Gramsciana. Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci”.

Da cosa è dovuto il suo interesse per Gramsci ? 

Mi sono avvicinato a Gramsci nel momento in cui ho iniziato a fare i conti con Torino.Io sono come Gramsci un immigrato che dal Sud è andato al Nord, da bambino, ho vissuto momenti molto difficili nei primi anni torinesi: anche io volevo andarmene, e ho avuto un rapporto molto conflittuale con Torino e così ho cercato di fare i conti con questa realtà, di superare la diffidenza e l’ostilità che sentivo di questa città, che come Gramsci mi è apparsa a lungo ‘’fredda e ostile’’.Ad un certo punto per superarla ho iniziato a studiare la storia della città di Torino e della cultura torinese che è una grande storia. Arrivando al periodo del dopoguerra, mi sono imbattuto in Gramsci e pur continuando a studiare la cultura torinese nel suo insieme, nel suo farsi storico, dal Risorgimento in avanti, ho iniziato ad aprire una strada parallela per Gramsci. Lo avevo già scoperto ai tempi del Liceo, mi ero comprato ad una bancarella l’edizione  rilegata dei ‘’Quaderni dal Carcere’’ e le ‘’Lettere dal Carcere’’, qui iniziai a leggerlo e poi all’Università a studiarlo.Mi ha attratto in lui la statura morale, che non è elemento che accomuna tutti i pensatori. Io mi sono laureato in filosofia e se guardiamo la vita privata, le vicende e i comportamenti politici di tanti intellettuali, scrittori e letterati, appaiono come figure spesso modeste e talora misere. Montale è stato un conservatore liberale che negli anni del fascismo si è nascosto, ma è stato un grandissimo poeta, e così via. Allora Antonio mi appariva strepitoso nella sua grandezza di uomo intero, mi colpiva l’elemento morale di Gramsci, la sua coerenza. Mi ha colpito un aspetto in cui mi sono riconosciuto e ne ho fatto la mia bandiera nella vita pubblica e cioè il culto della verità. Dire la verità a qualunque costo, non arretrare davanti alle conseguenze del dire la verità davanti alle istituzioni, a coloro che hanno il potere. Mettersi in gioco ma dire la verità, accettando di subire le conseguenze di dire la verità. Questo è un messaggio che troviamo raramente nella politica, anche nella sinistra. Adesso la sinistra mondiale ha abdicato al dovere che Gramsci individuava nel ‘’dire la verità’’. Il realismo politico spinto all’eccesso è quello accettato, che faceva prevalere l’interesse del Partito rispetto alla verità. Di questo ho fatto la mia bandiera e infatti ho iniziato a studiare l’intellettuale sotto questo punto di vista, e ho visto che l’intellettuale gramsciano  per certi versi assomiglia a quello che propone Rolland nel 1915 davanti alla Guerra Mondiale  come “sacerdos veritatis”. Ma questa verità a cui guarda Rolland è una verità generica e astratta mentre quella di Gramsci ha sempre significato politico e sociale preciso. La verità nell’interesse dei subalterni, nell’interesse di liberazione dei subalterni. Questa coerenza dai tempi della scuola fino agli ultimi anni, mi sembrava un esempio miracoloso, in un Mondo dove gli intellettuali sono pronti a piegarsi in nome  di interessi bassi, interessi di parte, alle istituzioni del potere  che spesso coincidono con le istituzioni del denaro e del successo. Da questo punto di vista il messaggio di Gramsci era alto e altro e non potevi non amarlo. Anche perché dentro di me ho sempre avuto tendenze libertarie molto forti e Gramsci mi sembrava  che avesse provato ad immaginarsi e a descrivere un comunismo diverso, un comunismo che lui descrive nel 1919 come ‘’umanesimo assoluto’’. Questa definizione mi ha sbalordito. Quando nel 1919 lo scrive, comincia questa negazione retorica ‘’No, il comunismo non oscurerà la bellezza e la grazia’’.  È una frase che mi ha aperto il Mondo e da allora sono diventato gramsciano e morirò gramsciano. Un processo quindi di auto-riconoscimento e ho attribuito a Gramsci il ruolo di guida morale, anche se lui non lo sa, e forse mi rifiuterebbe. Mi sembrava poi convincente la sua posizione politica di un socialismo che non rinuncia alla bellezza, che vuole essere umanistico, un messaggio formidabile che definisce una linea che non è quella di Gramsci o di Lenin e soprattutto di Stalin. È un’altra linea e credo che tra qualche decennio si parlerà del “gramscismo” come di un grande movimento come oggi parliamo del marxismo. Gramsci è stato uno straordinario innovatore, che ha creato una via nuova, la quale  però, seguendo Marx, era nella stessa linea politica: la liberazione dei subalterni e il rovesciamento dei rapporti di dominio. Messaggio politico di grandissima forza che ritengo necessario .

Nel libro sostiene che una caratteristica di Gramsci è la sua “ossessione pedagogica”, e che è essenzialmente un educatore, perché ?

Ritengo che prima di essere un rivoluzionario e un politico o quant’altro, Gramsci è prima di tutto un educatore. L’educazione riveste un ruolo centrale in tutti i suoi 46 anni di esistenza, educazione che permea ogni aspetto della sua esistenza. Lo troviamo quando Gramsci fa il giornalista, c’è sempre un tentativo di elevare il livello dei suoi lettori polemizzando con chi a sua volta lo critica di usare linguaggio troppo alto. Lui dice : ‘’bisogna educare i lettori a salire e non abbassaci al loro livello se sono in basso”. È educatore poi dentro il Partito socialista prima e comunista poi, è educatore anche quando viene imprigionato i primi tempi al confino di Ustica. Ad Ustica mette su due scuole, una di alfabetizzazione per i confinati analfabeti e un’altra di formazione politica. È educatore poi nelle lettere mandate ai familiari, sia per sua moglie che per i suoi due figli Delio e Giuliano, sia in quelle che manda alle sorelle e ai fratelli sull’educazione dei loro figli, e tutta la sua politica è fortemente educativa. Il nesso fortissimo tra cultura, educazione e politica. Non si può fare politica senza un grande sforzo educativo e l’educazione passa prima di tutto dalla scuola. Polemizza così, contro professori: ”Bisogna disabituarsi e smettere di concepire la cultura come sapere enciclopedico, in cui l’uomo non è visto se non sotto forma di recipiente da empire e stivare di dati empirici, di fatti bruti e sconnessi che egli poi dovrà casellare nel suo cervello come nelle colonne di un dizionario per poter poi in ogni occasione rispondere ai vari stimoli del mondo esterno. Questa forma di cultura è veramente dannosa specialmente per il proletariato. Serve solo a creare degli spostati, della gente che crede di essere superiore al resto dell’umanità perché ha ammassato nella memoria una certa quantità di dati e di date, che snocciola ad ogni occasione per farne quasi una barriera fra se e gli altri … lo studentucolo che sa un po’ di latino e di storia, l’avvocatuzzo che è riuscito a strappare uno straccetto di laurea e al lasciar passare dei professori crederanno di esser diversi e superiori anche al miglior operaio specializzato che adempie nella vita ad un compito ben preciso e indispensabile e che nella sua attività vale cento volte di più di quanto gli altri valgano nella loro “. La scuola come compito fondamentale dello Stato. Scuola pubblica, però seria, rigorosa, che aiuta chi è più indietro. Senza questo non c’è vero Stato, vera politica, e nessuna possibilità per cambiare le cose.

Quale è il significato dei Quaderni?

Quella di Gramsci è una grande riflessione che risente della situazione storica e politica di cui lui è testimone e vittima. Lui è un uomo sconfitto, sconfitto come individuo, sconfitto il suo partito cioè quello comunista e sconfitto il proletariato in Occidente. Questi sono dati di fatto, ma che non lo inducono ad allontanare l’opzione rivoluzionaria dal suo orizzonte quanto ripensare le modalità, le tempistiche, le caratteristiche, gli strumenti, i soggetti e i metodi della rivoluzione. I Quaderni diventano una lunga riflessione sulla modernità del capitalismo e una elaborazione e riflessione sulla sconfitta, sul perché, e soprattutto su chi ha vinto. In Italia il fascismo. I Quaderni si interrogano sul fascismo.Ma sul piano internazionale in occidente chi ha vinto?Ha vinto l’americanismo, Gramsci anticipa, in modo profetico,  le riflessioni successive elaborate, ad esempio, dalla scuola di Francoforte. Quando uscirono le note ‘’americanismo e fordismo’’, pubblicato nel terzo dei volumi dell’edizione tematica, molti lo considerarono un testo eretico, perché videro una apologia del capitalismo americano. Non avevano capito nulla. Gramsci qui si distingue da Marx,( ma intendiamoci, Gramsci si colloca nel marxismo, anche se, secondo me, ad un certo punto rompe la gabbia e fa entrare aria nuova). Il capitalismo, ad un certo momento, per lui non è più un modo di produzione ma una civiltà, nel bene e nel male, con tutto quello che ciò significa. E l’America è il luogo in cui questa civiltà si è sviluppata a partire dal modello taylorista e fordista, soprattutto da tutta una serie di elementi di costume che caratterizzano il capitalismo, e qui parla di ‘’operaio come gorilla ammaestrato’’, al quale il sistema capitalista, anzi, la civiltà capitalista tenta di dettare non solo le modalità lavorative e i tempi di lavoro ma il resto della vita. Cosa deve fare, come deve farlo, compresa la cultura e i costumi sessuali. Tutto deve essere organizzato e deciso. Ad esempio : l’aumento dei salari fa in modo che tu poi possa far girare la macchina. Ti diamo noi cinema, la letteratura, ti diciamo noi come divertirti. Lui coglie questi elementi. I Quaderni sono dunque una riflessione sulla sconfitta, sulle ragioni della sconfitta, ma anche su chi ha vinto, sull’avversario.Quindi non un arretramento tattico o strategico, ma una riconsiderazione delle modalità di chi, come lui pensava e voleva fare la rivoluzione. Rivoluzione quindi non più pensabile come guerra di movimento ma come guerra di posizione. Non più come mero atto ma come processo. Non come la rivoluzione bolscevica di assalto ma come una azione complessa che passa attraverso il recupero dei fattori culturali. In Occidente la rivoluzione è pensabile per lui come costruzione di una Egemonia che diventa modo tramite il quale non più la classe operaia ma un più vasto insieme sociale che chiama subalterni, può arrivare al potere e gestirlo.Perché oggi è importante la questione dei subalterni? Guardiamo all’università per esempio, dove insegno, se i giovani rimangono dentro sono super sfruttati, non  prendono un euro, non hanno prospettiva di carriera, diventano vecchi senza carriera e stipendio e così se ne vanno all’estero se possono. Oggi sono anche loro i subalterni, e anche i lavoratori al nero, tutta una serie di figure sottolavorative che non rientrano nella tradizionale classe operaia. Gramsci coglie questa trasformazione. Ma coglie anche quello che i francofortisti coglieranno poi, Come Fromm, Adorno, Marcuse, e cioè la forza repressiva della società capitalista.  

Perché sostiene che Gramsci sia “inattuale ma necessario”?

Gramsci non è attuale perché se pensiamo al suo modo di essere,alla sua antropologia, all’interezza di questo uomo, al suo rigore morale, sembra così distante da noi. Benedetto Croce recensisce le ‘’Lettere dal carcere’’ nel 1947 sostenendo che ‘’reverenza e affetto dobbiamo a questa persona’’. Lui che era il suo grande avversario culturale e politico:‘’come uomo di pensiero egli fu dei nostri’’, scrive. Insomma come se i comunisti non potessero essere pensatori e quindi più che comunista è stato pensatore. Questa figura morale, questa sua coerenza, questo suo amore per la verità, che doveva prevalere su tutto, su ogni altro elemento, questo invito alla serietà e al rigore, questo sostenere in tutti i modi che dobbiamo essere per tutte le libertà tranne la libertà di essere asini, perché solo la borghesia può concedersi il lusso dell’ignoranza, i proletari non possono concedersi questo lusso. I borghesi possono perché hanno il potere, il dominio, noi non ce l’abbiamo, se vogliamo costruire l’egemonia o comunque avere il potere qualsiasi ne sia il mezzo, abbiamo bisogno di istruirci. Ecco perché questa insistenza quasi ossessiva sulla istruzione, sulla formazione. Formazione permanente, importanza dello studiare, del leggere tutto, masticare tutto. Questa serietà fa si che respinga la propaganda. Respinge l’idea che alla propaganda avversaria si debba opporre la nostra propaganda. Alla propaganda avversaria si deve opporre la scienza, una informazione seria, corretta, che in altre epoche era chiamata controinformazione.  Togliatti di lui scrive ‘’prima di tutto una qualità … la precisione del ragionamento,  il gusto per l’esattezza dell’informazione, il disdegno, la ripugnanza persino morale, direi, per l’improvvisazione e la superficialità. Questo amore direi filologico per la documentazione precisa..’’. Vengono i brividi se pensiamo al Mondo intellettuale e politico di oggi. Scegliete voi uno che rientri in questi categorie nel mondo giornalistico, politico, intellettuale. Questa voce bassa nulla ha a che fare con gli urlatori dei Talk Show. È un altro Mondo, andiamo nell’Iperuranio. Eppure nello stesso tempo ossimoricamente è necessario. Non ce lo abbiamo perché non appartiene a questo Mondo, ma quanto bisogno avremmo di un Gramsci, magari di 2,3,10, 100. Me ne accontenterei di uno, ma non avendolo, lo studio. 

Intervista realizzata durante la presentazione del libro ‘’Gramsci. Una nuova biografia’’ organizzata da Politeia, Cgil, Anpi e Circolo Aurora il 19/04/2018 ad Arezzo.

 

*#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere.

Condividi l’articolo

Vedi anche: