Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Questa poesia è uno degli scritti più famosi di Giacomo Leopardi, contenuta all’interno dell’opera dei Canti. Spesso, ci siamo accostati a questo testo con superficialità, condizionati dalla critica letteraria, senza leggere tra le righe ciò che il poeta avrebbe voluto esprimere.
Non voglio certo schierarmi contro i critici, ma vorrei proporre una lettura un po’ diversa di questo straordinario scritto.
Leopardi è riuscito a collocare nel finito dello scritto, l’infinito della sua immaginazione, attraverso il limite della siepe ha liberato la mente per cercare di scoprire cosa si celava dietro quest’ultima.
“La privazione dell’infinito genera il desiderio dell’oltre” così afferma Alessandro D’Avenia.
Come dargli torto? Il giovane poeta infatti, chiuso nella sua piccola stanza, è desideroso di conoscere il mondo e tutta la realtà lontana da Recanati.
Ragione e cuore nel sonetto sembrano unirsi in un connubio perfetto, il cuore si “spaurisce” come afferma lo stesso Leopardi e costringe il pensiero a immaginare l’oltre. L’infinito appare inizialmente distante, il poeta utilizza infatti il dimostrativo “quello”; poi si avvicina e diventa: “questo infinito”. Come fosse un amico che gli permetta di spaziare nell’immensità della sua mente e dei suoi desideri.
Come si può definire pessimista un giovane che nutre tutto ciò dentro di se? Non è pessimista un uomo che non si sente accettato dalla realtà in cui vive, ma cerca di affrontarla e migliorarla, Leopardi si rende conto della debolezza dell’uomo nei confronti della realtà storica e si sente sperduto perché non sa come affrontare tale condizione.
La poesia diventa allora l’ingrediente fondamentale per coccolare il cuore e cercare di alleviare le difficoltà quotidiane della vita naufragando in un mare di infinito, che seppur non ci salva, ci spinge lontano oltre i confini dell’immaginazione.
*#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere.