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Firmino il ratto civilizzato di Sam Savage

Firmino è un topo nato in una libreria di Boston negli anni Sessanta. È il tredicesimo cucciolo della nidiata, il più fragile e malaticcio, spelacchiato. La mamma ha solo 12 mammelle gonfie di latte annacquato con birra e alcool e Firmino rimane l’unico escluso dal nutrimento. Scoraggiato, si rifugia nel “masticare” libri dello scantinato della libreria Pembroke Books. Scopre che i libri più belli hanno un sapore più buono. E diventa un vorace lettore, cominciando a identificarsi con i grandi eroi della letteratura di ogni tempo. In un finale di struggente malinconia, Firmino assiste alla distruzione della sua “tana” ad opera delle ruspe per l’attuazione del nuovo piano edilizio.

Pubblicato nel 2006 negli Stati Uniti il romanzo di Sam Savage ha avuto un successo unico e irripetibile. Sì, forse grazie al personaggio Fermino il classico topo buono dei cartoni animati o delle favole cui è stata donata l’intelligenza “umana” con l’aggiunta di baffi, coda rosa, zampe piccole e scattanti. Solo che a Firmino non basta sapere di essere intelligente, non basta capire o pensare; egli vorrebbe essere un uomo in tutto e per tutto: corpo, mente, vizi. Guarda caso, il romanzo si apre con due citazioni. Una di queste dice: “Un giorno Chuang Tzu si addormentò, e, mentre dormiva, sognò di essere una farfalla che volava in estasi. E quella farfalla non sapeva di essere Chuang Tzu che sognava. Poi Chuang Tzu si svegliò e, a giudicare dalle apparenze, era di nuovo se stesso, ma ora non sapeva se fosse un uomo che sognava di essere una farfalla o una farfalla che sognava di essere un uomo.”

Firmino sa benissimo, invece, di essere un ratto, ma un ratto, come viene detto nel romanzo stesso, “civilizzato”, che ambisce all’umanità. Firmino impara a pensare come un uomo, a parlare, mentalmente soltanto, e sperimenta la lingua dei segni, poiché dalla sua bocca, nonostante i mille sforzi, non escono altro che squittii. Ciò che più desidera è diventare uno scrittore, e sorprendere gli uomini che tanto disprezzano lui e tutto il mondo animale. Primo fra tutti, Norman, il proprietario della libreria in cui vive. Nel desiderio di distrarsi, visita di frequente il cinema; vi s’intrufola nel cuore della notte, quindi ne approfitta per rubare poc-corn e dare un’occhiata alle gambe delle donne che sfilano sullo schermo. Ma nulla è sufficiente a placare il suo desiderio di umanità; resosi conto che l’odio di Norman nei suoi confronti aumenta soltanto, lascia la libreria, in cerca di fortuna, e un giorno incontra lo scrittore Jerry. Questi, vedendolo ferito ed affamato, lo porta a casa sua; così per il nostro ratto inizia qualcosa di molto simile alla vera vita. Solo che la solitudine e il senso di incomprensione gli restano dentro, continuano a tormentarlo. Jerry gli è affezionato, ma non lo considera suo pari; mangia con lui, eppure se deve pensare a qualcosa, riflettere su un progetto, non gli chiede mai consiglio, al più finge di parlare con lui.

Gradevolissimo anche nello stile, Firmino non stanca, non avvilisce, cerca di appassionare e far divertire, attraverso avventure e aneddoti in cui la banalità viene controllata e annullata. 

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