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Perché siamo soliti passare il sale posandolo sulla tavola?

Più di una volta vi sarà capitato a tavola di sentire che “il sale non si passa di mano in mano ma va prima posato sul tavolo”. Non c’entra la superstizione ma c’entra il valore che aveva il sale nell’antichità.

Il sale ha una storia secolare, sembra che già nel Neolitico venisse usato dalle prime comunità stanziali per conservare i cibi. Data questa sua mirabile proprietà, tutte le civiltà si adoperarono per entrarne in possesso ma le difficoltà nel reperirlo portarono alla creazione di veri e propri oligopoli e a pesanti tassazioni sul prodotto.

I Romani, con l’espansione dell’Impero, riuscirono a monopolizzarne il commercio, accrescendo così la loro potenza e per facilitarne il trasporto, costruirono imponenti reti viarie – una di queste, la Via Salaria, è ancora esistente.

Proprio per la sua valenza economica, i soldati romani venivano pagati con blocchi di sale – da cui la parola salario.

E qui arriviamo a svelare il perché della nostra “consuetudine”: nel momento della consegna dei blocchi poteva capitare che uno di questi cadesse a terra e si rompesse, mandando in frantumi il guadagno di un intero periodo. In queste situazioni, la colpa era di chi aveva passato male il blocco o di chi non era riuscito a prenderlo? Difficile da stabilire.

Così venne deciso che il sale non dovesse essere più passato di mano in mano ma dovesse essere passato posandolo a terra; in questo modo sarebbero diminuiti gli incidenti e sarebbe stato chiaro il colpevole di un’eventuale perdita di guadagno. Da qui la consuetudine di passare il sale poggiandolo sul tavolo.

Una piccola curiosità: l’importanza di questo alimento (“sal” in latino) è testimoniata da alcuni termini positivi che ne contengono la radice: “salus” (salute), “salubritas” (sanità) e “salve“, utilizzato per augurare un’ottima giornata a qualcuno. 

 

#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere

 

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